
Il Miracolo di Sutri
Partiti dalla Provenza, migliaia di devoti vestiti di bianco, da cui il nome, attraversarono mezza Italia per raggiungere Roma.
Durante il cammino organizzavano digiuni, penitenze e cortei seguendo un crocefisso ligneo e gridando “Pace e Misericordia”.
La Processione dei Bianchi non era un avvenimento isolato. Cortei penitenziali si svilupparono a partire dal XIII secolo come movimenti di pacificazione.

Le processioni dei Flagellanti o Disciplinati si diffusero in altre città del centro Italia con l’intento di promuovere, insieme alla pubblica disciplina dei singoli, azioni di pacificazione e di concordia nelle istituzioni comunali.
Tra Politica e Religione
Questi movimenti di pacificazione erano ispirati dal desiderio della popolazione di porre un argine alla crisi politica che stava dilaniando l’Europa e l’Italia in particolare.
Inoltre, la Chiesa era lacerata dallo Scisma d’Occidente, la grande crisi dell’autorità papale che contrappose, per quasi quarant’anni, dal 1377 al 1417, Papi e Antipapi per il controllo del soglio pontificio.
La lauda “Misericordia, eterno Dio” fu il canto ufficiale dell’interminabile processione dei penitenti che indossavano vesti candide di lino, la testa e il volto coperti da un cappuccio con due fori per gli occhi, sul petto avevano una croce rossa ed una cintola di corde serrava i fianchi. Procedevano dietro il Crocifisso recando alcuni, candele accese in mano, altri battendosi con una sferza, cantando e chiedendo perdono dei peccati.
La Processione dei Bianchi era un moto spontaneo che attrasse non solo il popolo ma anche le autorità ecclesiastiche e civili che speravano in un rinnovamento degli spiriti e dei costumi: a Ferrara la processione fu capeggiata dal marchese Niccolò d’Este, a Padova da Francesco Carrara, a Rimini da Carlo Malatesta e Carlo Gonzaga.
In un contesto politico-sociale così complicato le istanze di pace, delle quali il moto si fa portatore, sono accolte e fatte proprie da molti comuni le cui autorità forniscono ai Bianchi pane, vino, cera e quant’altro loro necessario.
In questo scenario apocalittico non mancò una pesante epidemia di peste.

Il Miracolo di Sutri
(Sercambi, Croniche, II, 290-1)
Il Miracolo del Mandorlo Fiorito
Ad ulteriore sostegno della necessità di una processione penitenziale, non pochi furono i miracoli che si manifestarono durante il percorso.
Tra le varie testimonianze, la più nota è quella del Miracolo del Mandorlo Fiorito a Borgo a Buggiano (Pt) avvenuto nel 1399. Durante una processione del 24 agosto 1399 ad opera dei Fratelli della Compagnia del Crocifisso per scongiurare la diffusione della peste:
Essendo invasa la terra d’ Empoli dalla pestilenza, affine di muovere Iddio a pietà, ed insieme di schivare l’infezione contagiosa il dì 24 Agosto dell’anno stesso uscirono dalla patria con numerosissime seguito dell’ uno, e dell’altro sesso, non tanto d’Empoli, quanto dei luoghi circonvicini portando a processione il detto SS. Crocifisso in Val di Marina, e nel Mugello incontro a Fiesole e Firenze. Un giorno pertanto essendosi coricati nella campagna per ristorarsi col cibo, ed avendo perciò appoggiato il Crocifisso ad un mandorlo secco, trovarono dopo la refezione detto mandorlo tutto rivestito di fronde e fiori, per il che concepirono viva speranza che fosse cessata.

Il MIracolo di Sutri
Il Miracolo di Sutri e l’arrivo a Roma
Sempre secondo il Sercambi si radunarono a Roma 120.000 pellegrini, molti dei quali percorrendo la Via Francigena.
Papa Bonifacio IX, constatata la pietà che animava i pellegrini, li favorì e partecipò alla processione, soprattutto dopo la notizia di un miracolo avvenuto a Sutri, in quella che è la Cattedrale dedicata a Santa Maria Assunta.
Costruita su edifici sacri etrusco-romani, l’edificio attuale risale al XII secolo e fu consacrato da papa Innocenzo III nel 1207. Dell’antica chiesa medievale rimane solo il campanile.

Il Miracolo di Sutri
Il 6 settembre 1399, nella Chiesa di Sutri, mentre un umile della compagnia, un “miles Theotonicus” di nome Enrico, tentava di far riconciliare un Sutrino, Matteo Trovarie con sua moglie Giuliana […] e poiché il Sutrino era sordo alle richieste di pace, (Enrico) cominciò a pregare incessantemente il crocifisso che questo mutò colore e dal costato aperto versò sangue: nella goccia del prezioso liquido caduto sul marmo dinnanzi all’altare, apparve una faccia umana. La fama del miracolo attraversò il paese […] il vescovo Bernardino a memoria di esso ordinò al notaio Stefano di redigere regolare processo.
(Il miracolo del crocifisso della compagnia dei Bianchi a Sutri / Vincenzo Federici. 1908
In: Scritti di storia di filologia e d’arte / ed.: Vincenzo Arangio-Ruiz. – Napoli : R. Ricciardi (1908), S. 107-118)
Bonifacio IX indisse il Giubileo del 1400 e stabilì “il perdono di colpa e di pena” a qualunque persona avesse compiuta la penitenza per nove giorni.
La peste flagellava spietatamente le contrade dell’Italia centrale nell’anno del Giubileo, travolgendo il movimento dei Bianchi.
Poche testimonianze
Di questo movimento, che coinvolse decine di migliaia di persone rimangono poche testimonianze nell’arte e nella letteratura.
Del moto restò un pallido ricordo nelle laudi, nei gonfaloni, negli affreschi giunti fino a noi. Delle laudi alcune furono tolte dal repertorio delle confraternite preesistenti, altre vennero composte per l’occasione; tutte hanno scarsissimo valore letterario. Pochi nomi di autori ci sono noti: Andrea Stefani fiorentino, Bertoldo da Montepulciano, Ugolino di Bernardo da Pisa e forse anche Franco Sacchetti. Del moto ci lasciarono notizia, oltre ai brevi cenni dei cronisti contemporanei, il Sercambi nelle sue cronache, Francesco Datini da Prato in una “ricordanza”, Luca Dominici in un ampio racconto inedito, ecc. Gerardo Anichini, amico di Coluccio Salutati, compose un carme latino (inedito) sulla scorreria dei Bianchi, offrendolo ad Antonio di Montefeltro, conte di Urbino, nello stesso anno 1399. (Gino Borghezio)

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