
Etruria Preistorica Prima degli Etruschi
Gli insediamenti più noti si trovano nelle grotte costiere, nei rifugi alla base delle pareti di roccia i prossimità di fiumi e ruscelli, vicino alle rive dei laghi; risalgono a circa 500.000 anni fa e appartengono alla fase più arcaica del Paleolitico, caratterizzato dalla tecnica di scheggiatura della pietra.

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Il Clima Mite favorisce la Civiltà
Durante il periodo Mesolitico (10.000 – 6.000 A.C.), il clima diventò più mite e i reperti ritrovati sono utensili microlitici, selci a forma di spicchio d’arancia, ciottoli colorati e decorati con motivi geometrici.
Nel periodo Neolitico (6000 – 2800 A.C.) si diffonde l’agricoltura e l’allevamento del bestiame; comincia la produzione della ceramica e della tessitura, mentre la lavorazione della pietra diventa più sofisticata e si realizzano strumenti levigati in aggiunta a quelli scheggiati.
A questo periodo risalgono le prime testimonianze della presenza, in Tuscia, di una cultura ben strutturata, denominata del Rinaldone, dal nome della località dove fu trovata la prima Necropoli.

nelle sepolture rinaldoniane.
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Il Rinaldone
Nel 1903 l’archeologo Luigi Pernier individua vicino a Ferento, l’importante centro etrusco tra Viterbo e Montefiascone, la presenza di più comunità distribuite su un vasto territorio che avevano comportamenti comuni: il modo di seppellire i propri morti, il tipo di tombe utilizzato, il tipo di arredi che deponevano nella tomba, il tipo di impasto di ceramica utilizzata nel fabbricare il vasellame e il modo in cui lo ornavano.
Pernier rinvenne delle tombe intatte che sono oggi conservate nel Museo Nazionale Storico-Etnografico Luigi Pigorini, a Roma.
Da sottolineare che questi insediamenti sono stati individuati negli stessi luoghi che furono successivamente occupati dagli Etruschi, in particolare nella Valle del Fiume Fiora, al confine fra Toscana e Lazio.
Qui la presenza di sepolture tombali è elevata e la professoressa Negroni Catacchio, che si è occupata di questi ritrovamenti, l’ha definita “area nucleare”.
La Necropoli di Ponte San Pietro fu casualmente scoperta nel 1941: fu chiamato a scavarla l’allora giovanissimo Ferrante Rittatore Vonwiller che, da quell’anno e fino alla sua scomparsa avvenuta nel 1976, ha dedicato gran parte delle sue ricerche alla Valle del Fiora e a Rinaldone in particolare (Negroni Catacchio 1999).
Testimonianze scolpite nel Tufo
Le Necropoli hanno caratteristiche fortemente ritualizzate e cariche di simbologie come la disposizione in gruppi di sepolture (rapporti parentali), oppure la presenza di ossari che fanno supporre una manipolazione rituale delle ossa dei defunti. In alcuni casi le sepolture sono singole, in altri plurime.
La quasi totale mancanza di abitati noti rende problematica la ricostruzione della vita globale delle comunità rinaldoniane, ma sono presenti e note aree sacre come la Grotta dell’Utero e l’osservatorio astronomico Poggio Rota (Pitigliano), Morranaccio e Grotta delle Sette Cannelle (Farnese) e altari rupestri (area dei Monti Cimini). È ancora difficile ipotizzare i rituali religiosi e i possibili culti, anche se le somiglianze con altre civiltà ci fanno supporre culti legati alla Grande Dea della Terra.
Il tufo abbonda nella Tuscia: le tracce lasciate sulle rocce dalla cultura di Rinaldone sono molteplici, come i riferimenti astronomici delle coppelle e altre lavorazioni rupestri rinvenute in Toscana e nel Lazio del Nord.

comunità sostanzialmente pacifiche ed egualitarie
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Le Società Gilaniche
Altre testimonianze su roccia riguardano incisioni su pareti a strapiombo relative al Culto della Fertilità, dell’elemento naturale dell’acqua e alcuni Altari rupestri come quello famoso piramidale conosciuto come Piramide di Bomarzo e altri disseminati su tutto il territorio della Tuscia, erroneamente considerati Pestarole etrusche utilizzate per la pigiatura dell’uva.
Secondo l’archeologa Marija Gimbutas, le comunità europee tra il 7000 e il 3500 a.C. erano caratterizzate da un ordinamento gilanico caratterizzato dall’eguaglianza tra sessi e dalla sostanziale assenza di gerarchia e autorità centralizzata.
Il culto egualitario e non violento della Dèa Madre o Grande Madre guidò le popolazioni europee e del vicino Oriente per tutto il Paleolitico superiore e il Neolitico.
Ciò è dimostrato dall’assenza di oggetti o manufatti con raffigurazioni di guerre, di eroi guerrieri, di armi; è rappresentato soltanto quello che corrispondeva alla venerazione della vita: la donna, le piante e gli animali.
Successivamente, per ragioni ancora poco definite, la società gilanica venne soppiantata da una società androcratica e patrilineare.
I Giganti Rinaldoniani
Lo studioso Giovanni Feo ci parla un mistero tutto da risolvere: nelle tombe rinaldoniane sono stati ritrovati scheletri di uomini alti più di due metri. Una stirpe di giganti, dunque, progenitori della nostra civiltà le cui tracce sono state negate e nascoste per secoli. La cultura di Rinaldone deve essere quindi considerata la prima vera cultura che ha preceduto le civiltà Villanoviana ed Etrusca nel nostro territorio.
Purtroppo le ricerche degli studiosi sui Rinaldoniani, primi civilizzatori del nostro Paese, come è avvenuto per gli Etruschi, sono indirizzate quasi esclusivamente al mondo dei morti. Pochissime indagini, almeno per quanto ne sappiamo, riguardano la ricerca di tracce rivelatrici del contesto di vita vissuta.
Nei libri di storia si parla della civiltà etrusca come quella che ha preceduto la romana, senza fra l’altro evidenziare troppo l’importanza che ha avuto la prima per il successo della seconda.
La storia dei Rinaldoniani è, invece, scritta sugli enigmatici megaliti e nelle Grotte Sacre il cui studio e interpretazione possono consentire una nuova visione delle civiltà dell’Italia antica.
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