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Etruscan Corner Claudio Etruschi Tyrrenika

Particolare dell’affresco della Tomba Francois di Vulci. Da sin.: Caile Vipinas libera Macstrna; Larth Ulhtes uccide Laris Papathnas Velznach (proveniente da Volsinii); Pesna Aremsnas Sveamach ucciso da Rasce; Venthikau …plzach ucciso da Aule Vipienas (Aulo Vibenna).

Claudio gli Etruschi e Tyrrenika

 

Etruscan Corner Imperatore Claudio

Tiberíus Claudíus Caesar Augustus Germanícus, denominato Claudio fu un imperatore romano (41-54 d.C.), il primo nato in terra straniera (Lione 10 a.C. – Roma 54 d.C.). Si dedicò allo studio della Roma primitiva e degli Etruschi a cui dedicò la monumentale opera in 20 volumi, scritti in greco, Tyrrenikà. Claudio conosceva la lingua etrusca perché la sua prima moglie Plauzia Urgulanilla, figlia di Marco Plauzio Silvano, era di origini tarquiniesi.

Nel 1528 nel quartiere Croix-Rousse a Lione, furono rinvenuti due frammenti in bronzo di quella che sarà poi conosciuta come la Tabula Claudiana. Era situata all’interno del Santuario delle Tre Gallie, inserita nel piedistallo della statua equestre dell’Imperatore Claudio. La Tabula, di cui rimangono solo due dei quattro quadranti, reca il celebre discorso dell’Imperatore al Senato a favore dell’accettazione di un rappresentante proveniente dalla Gallia, precisamente da Lugdunum (Lyone), mentre il senatore suo interlocutore sostiene che i non italici, considerati sudditi, in quanto sottomessi non possono prendere parte alla gestione politica dell’Impero.

Claudio fece incidere questo discorso su tavole bronzee affinché fosse considerato come una sorta di Editto informale tanto che a questo discorso fece seguito una delibera nazionale secondo cui gli Edui per primi ottennero il diritto senatorio in Roma. [Tac. Ann., XI 25].

Nonostante i diritti derivanti dalla cittadinanza concessa ai popoli conquistati dopo il Bellum Sociale (91-88 a.C.), questi si unirono contro Roma per reclamare concessioni come parità fra tutti i cittadini e partecipazione alla Res Publica. Roma uscirà vincitrice da questo scontro ma fu costretta a concedere la cittadinanza romana e quindi la parità dei diritti ai popoli italici fino alle Alpi. Solamente nel 212 d.C. verrà concessa la cittadinanza a tutti i popoli dell’Impero con la Constitutio Antoniniana (Editto di Caracalla).

 

Nella Tabula Claudiana si fa riferimento anche agli Etruschi, di cui Claudio era profondo conoscitore, in particolare ci parla di Servio Tullio il sesto re di Roma, dall’Imperatore chiamato Macstarna.

A detta dell’Imperatore, Macstarna era un sodalis, parola che indica un rapporto molto stretto, con Celio Vibenna (Caile Vipinas), il condottiero etrusco che durante il VI secolo a.C. conquistò Roma insieme al fratello Aulo Vibenna (Aule Vipinas). Dopo la morte di Caile Vipinas, scoppiò un contrasto tra Aule Vipinas e Macstrna; quest’ultimo prevalse e divenne re di Roma col nome di Servio Tullio.

Tacito, lo storico romano, omette questo particolare nella sua rielaborazione del discorso di Claudio tanto che gli Etruschi risultano essere solo una popolazione ribelle che non vuole sottomettersi a Roma.

Claudio afferma che Servio Tullio/Mastarna, figlio della schiava Ocresia, era amico e, appunto, sodale dei fratelli Aulo e Celio Vibenna, nobili etruschi di Vulci; al seguito di costoro Mastarna si stabilì sul colle Querquetulanus, che più tardi avrebbe preso il nome di Celio proprio in onore di Celio Vibenna. Da lì i nobili Etruschi, che volevano il crollo delle monarchie ereditarie a favore di un ordinamento nuovo e più libero, cominciarono a fomentare disordini.

È forse un caso se, alla morte di Claudio, il Senato si trovò a discutere se costruire un santuario in suo onore proprio sul Monte Celio?

Forse dovremmo abituarci al fatto che non c’era una vera e propria divisione tra due popoli ma che fu sempre viva una commistione tra  Etruschi e Romani; esistevano solo divergenze politiche all’interno di gruppi che aspiravano al potere e al controllo del territorio italico.

L’idea che l’opera di Claudio Tyrrenikà potesse contenere notizie contrarie alla tradizione romana e fortemente filoetrusche potrebbe essere alla base della sua totale scomparsa.

Le differenti versioni storiche trovano una conferma a favore di Claudio quando, nel 1857, su incarico del Principe Torlonia, proprietario di vasti  terreni presso Vulci, gli archeologi francesi Alphonse François e Noël Des Vergers, rinvengono 19 tombe tra cui la famosa Tomba Francois che Des Verges descrive così:

“Tutto era nello stesso stato del giorno in cui era stato murato l’ingresso, e l’antica Etruria ci apparve come al tempo del suo splendore. Sui letti funebri guerrieri in completa armatura parevano riposarsi dalle battaglie combattute contro i romani ed i galli. Per alcuni minuti vedemmo forme, vesti, stoffa, colori: poi, entrata l’aria esterna nella cripta dove le nostre fiaccole tremolanti minacciavano di spegnersi, tutto svanì. Fu come lo scongiuro del passato, il quale era durato lo spazio di un sogno e poi sparito, quasi a punirci della nostra sacrilega curiosità”.

 

Il grandioso sepolcro (IV sec. a.C.), composto da sette camere scavate nella roccia, appartiene alla famiglia aristocratica Satiies di Vulci. Gli affreschi presenti nel sepolcro raffigurano episodi mitologici e scene di battaglia. Tra queste, dieci figure di guerrieri etruschi e romani in lotta, sopra le cui teste il pittore aveva inciso i loro nomi. Due tra loro sono quelli menzionati oltre 1800 anni prima dall’Imperatore Claudio: Celio Vibenna e Macstarna, in particolare l’episodio in cui Caile Vipinas libera Macstrna.

È probabilmente l’unico documento di storia etrusca narrata dagli stessi Etruschi. Un episodio, non dimentichiamolo, accaduto 200 anni prima della realizzazione dell’affresco della Tomba Francois.

Purtroppo i Tyrrenikà di Claudio non ci sono pervenuti, né in greco né in latino; mentre le scoperte archeologiche possono aggiungere un’ulteriore prova alla teoria che tutta la storia degli Etruschi che ci viene raccontata dai Romani e dai Greci non può considerarsi vera in assoluto. Rimane da capire se l’occultamento dei documenti etruschi sia casuale o voluto.

È tuttavia piuttosto incredibile che nonostante gli Etruschi avessero una lingua ben strutturata e la loro civiltà fosse durata quasi un millennio non ci abbiano tramandato una documentazione rilevante. Oggi la lingua etrusca non è più un mistero assoluto: ciò che manca sono i documenti.

L’Istituto per i Beni Archeologici e Monumentali del Consiglio Nazionale delle Ricerche ha archiviato 10 000 testi, tratti perlopiù da lapidi tombali, cocci di vasi, incisioni su metalli. Rivelano nomi di defunti o di divinità, nel migliore dei casi riportano atti di compravendita, ma non sono sufficienti per la piena comprensione della Storia etrusca. I più importanti testi si contano sulle dita di una mano: le Lamine d’oro con le iscrizioni in etrusco e fenicio rinvenute a Pyrgi, dedicate a Uni (la Astarte fenicia); le celebrazioni sacre prescritte sulla Tegola di Capua; il brano giuridico sulla Tavola di Cortona, presso Arezzo. Il testo più lungo è il Liber Linteus, custodito nel Museo archeologico di Zagabria, un calendario scritto su un lino etrusco riutilizzato per avvolgere una mummia egizia.

 

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